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Perché NO: i disastri della governabilità.

Decidere cosa votare al referendum sulla base dell'umore o su quanto può piacere chi è per il SI o per il NO è come decidere di sposare la donna che oggi pomeriggio sta più in alto nei trend topic di Twitter...

Una premessa: sono molto contento che i parlamentari del m5s siano impegnati a condividere e spiegare le criticità del testo di riforma ai cittadini, Ma essendo pare in causa, cioè attore politico primario in un futuro prossimo, mi farebbe piacere che gli italiani si facessero una loro idea su questa riforma, indipendentemente da chi propone il SI e chi propone il NO

Ancora una volta, come scrivo sempre, la mia opinione è personale e non riflette opinioni di altri gruppi o partiti se non la mia.

Altra premessa. I temi tecnico giuridici non mi appassionano, non sono il tipo di persona che si appassiona a seguire contorte ricostruzioni su commissioni per la modifica costituzionale, il testo A contro il testo B, la costituzione, il comma, l’eventuale emendamento che può salvare la democrazia; mi piace stare nella politica fatta di armi e braccia, sudore lacrime, sangue e passione, quando ovviamente non si riesce a divertirsi. Per lo stesso motivo sono abbastanza reticente a valutare una riforma per quello che potrebbe essere. Il futuro è incerto, ma il passato è già un ottimo metro di valutazione.

Il 4 Dicembre i cittadini italiani sono chiamati a valutare una riforma di oltre 50 articoli della carta costituzionale, una riforma preparata in questa legislatura dal governo Renzi che la considera la sua principale “produzione”, insieme a riforme quali il Jobs Act e la Buona Scuola.

In questo articolo tralascerò alcune motivazioni del SI e del NO che ritengo giuste e convincenti, per il semplice motivo che sono state ampiamente discusse e dibattute, per evidenziare degli aspetti che sono a mio avviso importanti, ma che difficilmente vengono trattati.

Escluderò, per ragioni di leggibilità e di comprensione la “controriforma del Titolo V”, che gioca, pure restando in un quesito unico, una partita a parte che si sta disputando già dalla precedente riforma elettorale. Il motivo principale è che se c’è stata una riforma e se c’è stata una contro riforma, allora negli anni prossimi le regole le cambieranno ancora e ancora nei prossimi anni. Va da se che il decentramento è un servizio in più al cittadino e l'accentramento è un disservizio, al di la di quello che afferma la Maria Elena Boschi.

EURONO

Partiamo con la “sovranità condivisa”, una prassi di governance che già era in atto con la nascita del WTO, ma parlando di commercio mondiale sembra abbastanza normale che su quell'argomento (commercio e scambi tra vari paesi) ci debba essere uno scambio di sovranità; ma questo concetto è divenuto tangibile in questi ultimi anni soprattutto con l’introduzione della Moneta Unica in Europa, realizzata tra Stati Sovrani che condividono la stessa moneta e dunque la stessa sovranità monetaria. Abbinando delle regole comuni su come tenere il bilancio di ogni Stato, evitando comportamenti lesivi dell'Unione tipo azzardo morale, nella pratica si va a condividere anche la sovranità di bilancio.

Va da se che i risultati delle elezioni politiche del singolo Stato sono sempre da considerarsi “a sovranità limitata/condivisa”, in quanto se Mr Paperino vince in Polonia, dovrà vedersela comunque con Pippo, Pluto e soprattutto Paperina, i leader degli altri Stati dell'Unione Europea.

La nascita della sovranità limitata rende necessarie le riforme. Al nostro premier Paperino occorrono poteri diversi, occorrerà un parlamento che possa prendere delle decisioni, e delle regioni che non gli rubino sempre risorse perché ha obblighi di bilancio e non può andare in infrazione ogni 6 mesi.

Paperino siede al Consiglio Europeo insieme agli altri premier, non può essere sempre smentito dal suo parlamento, ogni decisione del premier Paperino deve essere veloce e condivisa con gli altri stati. “it’s the Game, Baby”. Inutile andare a fare figuracce in Europa. Un monocameralismo e un Governo efficiente e snello che recepisca le direttive dell’Unione Europea. E' quello che hanno fatto i tedeschi e adesso tocca a noi.

Che bellezza: diminuire il potere del parlamento, evitando una doppia lettura e consentendo l'elezione di un governo stabile che possa andare a contrattare senza alcun timore direttive, leggi, urgenze e strategie varie a fianco delle altre democrazie europee. Questa volta davvero è la volta buona.

Peccato.

Pecccato che?

Peccato che sono anni che i Paperino Premier di tutta Europa vengono contestati, le loro azioni sono spesso apostrofate in maniera negativa da commentatori di tutto il continente, il loro partito spesso si spacca in antigovernativi(minoranza interna), insomma, per dirla come Alessandro Di Battista “Paperino sta sul cazzo a tutti”.

Sarà che il metodo elettivo maggioritario o il proporzionale con premio di maggioranza renda la Camera dei Deputati non rappresentativa del paese reale. Insomma la stabilità di Governo offerta da un premio di maggioranza e da un monocameralismo porta ad una più scarsa rappresentatività del Paese e della società civile, che resta “in strada” con le sue istanze i suoi, bisogni e desideri.

E non sarebbe meglio un premier che discutesse in questo Parlamento, ampio e ben rappresentato, anche concitatamente PRIMA di andare nei contesti Europei? In questo modo il suo parere sarebbe quello di PORTAVOCE DEI CITTADINI ITALIANI Italiani, e, finalmente, Europei a pieno titolo.

Sarà un caso, sarà il momento, sarà giusto o sbagliato, ma ad oggi in Europa le forze che mirano a ridurre il gap di ricchezza, che cercano di mettere un minimo di uguaglianza nei diritti dei cittadini, che cercano di soddisfarne bisogni e doveri dei cittadini, hanno bisogno di chiedere permesso agli altri Stati, grazie alle prassi di governance legate all’austerity e alla paura di azzardo morale, scatta la sovranità condivisa. Quando un diritto viene levato, o si aumenta un balzello, allora la sovranità condivisa non esiste più.

Oggi, se noi vogliamo, parte proprio dal NO quell’Europa dei popoli che tutti quanti auspichiamo dopo le rovine dell'’austerity, un parlamento sempre più forte, che discuta e prenda le sue decisioni e mandi il premier, paperino pippo o pluto che sia a dire ai vari partners europei quale è la posizione del popolo italiano.

Meglio così che prendere decisioni in una stanza a Francoforte sul Meno e aspettare la reazione delle forze sociali, come è successo per il Jobs Act in Francia; le decisioni importanti vanno prese dai parlamenti eletti proporzionalmente e la loro voce va portata in contesti europei. In questo senso l’architettura politica europea sta prendendo una forma strana, per dei motivi che sarebbe davvero impossibile riprodurre qui, quando un governo cerca di alzare le tasse o tagliare le spese, non ha bisogno di “alcun permesso” dagli altri “sovrani”, quando invece si trova a Abbassare le tasse oppure alzare i budget per i servizi al cittadino, si trova contro le istituzioni europee, dunque per “sforare”, ha bisogno di chiedere il permesso.

Ma che peso ha la Germania? Scrive Enrico Letta, ex premier nel suo "andare insieme andare lontano" che "oggi i tedeschi tentano di imporre a tutti le riforme, senza però un orizzonte ideale sostenibile: un progetto che tenga conto del mutato contesto economico e sociale e che interpreti fino in fondo lo spirito dell'integrazione tra Stati membri, fondato anche sulla mutua solidarietà e non soltanto sull'ortodossia contabile della Bundesbank." e, nel merito della riforma "Ridurre la rappresentanza a scapito della governabilità non è la soluzione, non può esserlo per le caratteristiche della democrazia italiana" Povero il nostro Paperino, dovrà governare con una riforma imposta dalla Germania e che non tiene presente delle caratteristiche dell'Italia.

UN PARLAMENTO PROPORZIONALE DOPO I DISASTRI DEI GOVERNI

Ed è proprio negli ultimi vent’anni che abbiamo assistito a dei governi lontanissimi da bisogni desideri e istanze dei cittadini, di quello che noi chiamiamo “paese reale”. Una architettura che tiene principalmente presente l’estabilishment, i cosiddetti poteri forti e i mercati, oramai nella mani di pochi finanzieri senza alcuna etica e morale e che trascura il fatto che i cittadini siano mai quanto oggi alla loro mercé, vista la riduzione in picchiata dei loro diritti, delle condizioni di vita e delle loro condizioni economiche, attuali o in prospettiva.

Non sarebbe meglio un Parlamento che contempli solo un premio minimo per la governabilità e che, proporzionalmente, anche ascoltando i principali enti locali, tenga conto delle principali componenti politiche del paese, escludendo, con diritto di tribuna, i partiti o movimenti più piccoli?

Un altra cosa sulla governabilità, Abbiamo avuto il porcellum e il governo "governato con maggioranza parlamentare chiara" di Prodi e Berlusconi, abbiamo avuto decretazione di urgenza che ha fatto da "sostituto" a questa riforma, anticipando il ruolo centrale del Governo. Eccolo qui il governo del fare, retaggio di un certo decisionismo che ereditiamo dagli anni'80 e '90. Ma in questi ultimi anni cosa hanno fatto di buono questi governi?

I parlamentari sono indispensabili in una democrazia, ma i governi e le loro ricette, guardando dalla giusta angolazione, sono davvero indispensabili alla vita dell'uomo? Taleb, scrive nel suo "antifragile" che le politiche governative nei secoli hanno causato guerre e carestie, al punto da preferire un sistema di rappresentanza bottom up come quello dei Cantoni Svizzeri, e della Danimarca, Danimarca che ha anche essa una struttura, ma a ben vedere la maggiore parte delle risorse viene impiegata a livello comunale.

Dunque grandi trends muovono verso una organizzazione bottom up degli stati-nazione, i cui organi centrali (stato, governo, parlamento, banca centrale, ma anche grandi imprese), avranno sempre meno importanza, il piccolo, in grado davvero di autoregolarsi sul territorio, prospererà. Naturalmente nessun accenno di questo trend nella riforma, il mantra sembra essere governabilità e accentramento, parole che avevano un senso 15 anni fa ma che oggi, dopo Lehman, e a seguito di altri decine di accadimenti quali, ad esempio, le primavere arabe sono assolutamente fuori trend.

Da questa considerazione nasce la mia voglia di dire “NO” al quesito che presenta la riforma costituzionale.

IL PERICOLO DELLE NUOVE TECNICHE DI MARKETING PER LA POLITICA

Esiste un altro elemento, decisamente più tecnico, che riguarda sicuramente i cittadini ma che si discute soltanto tra addetti ai lavori. E’ la rinnovata modalità di campagna elettorale, in parole povere il metodo usato per fare decidere agli italiani CHI sarà paperino. Oggi, per essere più precisi, da Obama 2012 in poi, si utilizza la tecnologia dei BIG DATA nelle campagne elettorali.

In questo modo, per tagliare corto, la possibilità che possa vincere un paperino che non sia né il segretario dei partiti del centro sinistra o centro destra aumenta a livelli esponenziali, il simpatico “quisque de populo” telegenico e con la risposta pronta, con l’aiuto di amici dal solido portafoglio potrebbe essere, il nuovo Presidente del Consiglio.

La riforma non fa che facilitare questo stato di cose. Con la vecchia architettura costituzionale, chiunque per poter provare a fare un governo, deve avere l’appoggio di un partito che sia prevalso sia alla camera a livello nazionale che al senato nelle sue circoscrizioni regionali. Con la vittoria del SI, al “BIG DATA Candidate” basterebbe soltanto il primo step, evitando il passaggio nelle varie circoscrizioni regionali, previste nella Costituzione dal Senato. Ci divertiamo a descrivere le boutades di Orban e Trump, non dimentichiamoci che la Costituzione è per sempre e un Orban o un Trump o di un Milos Zeman, se vince il "si" molto facilmente in Italia, nei prossimi 25 anni, potranno arrivare al Potere.

Una delle critiche del mondo del SI è che ci vorranno trenta anni per rifare una riforma costituzionale simile, secondo me questo è falso, sotto la spinta propulsiva del Capo dello Stato, una volta vinto il NO, il Governo nella prossima legislatura potrà facilitare una reale discussione tra le forze politiche parlamentari ed approvare una riforma corretta ed equilibrata nel giro di 3 anni.

D'altra parte la Costituzione si cambia una volta sola e quando si cambia, è per sempre.

Ilgattoquotidiano.info

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